“Meglio essere soci o amministratori di una SRL?” È una domanda ricorrente tra imprenditori, professionisti e investitori che stanno progettando una nuova società o riorganizzando quella esistente. La risposta non è mai identica per tutti: dipende da obiettivi, rischi, governance desiderata, modalità di remunerazione e, soprattutto, da come si intende pianificare fiscalmente e patrimonialmente l’attività.
In questa guida analizziamo in profondità la differenza tra socio e amministratore SRL, chiarendo chi è e cosa fa ciascuna figura, quali requisiti deve avere, quali responsabilità giuridiche comporta e come viene remunerata. Concludiamo con casistiche reali e consigli pratici per configurare la distribuzione dei ruoli in modo efficiente e sicuro.
Il socio di una SRL
Chi è e quali requisiti deve avere
Il socio è il titolare della partecipazione (quota) nel capitale della SRL. Può essere una persona fisica o una persona giuridica (es. un’altra società). Non esistono requisiti “professionali” per essere soci: ciò che conta è il conferimento (denaro, beni, crediti o, in specifici casi, prestazioni) e l’adesione alle regole statutarie.
Il socio può detenere qualsiasi percentuale di quote, fino al 100% (SRL unipersonale). In sede di atto costitutivo e statuto si disciplinano i diritti amministrativi (es. voto) e patrimoniali (es. utili), nonché eventuali vincoli alla circolazione delle quote, clausole di prelazione, gradimento, drag/tag along, e così via.
Aspetto chiave: essere socio non significa automaticamente gestire la società. La gestione spetta agli amministratori. Tuttavia, i soci detengono il controllo ultimo tramite l’assemblea, che può nominare/revocare gli amministratori, approvare il bilancio e deliberare operazioni straordinarie secondo le regole statutarie e di legge.
Responsabilità e ruoli nella SRL
La SRL gode di responsabilità limitata: per i debiti sociali risponde la società con il proprio patrimonio. Il socio, di regola, rischia solo quanto conferito (salvo eccezioni: es. comportamenti che integrino abuso di personalità giuridica, conferimenti non liberati, garanzie personali prestate a banche/fornitori, ecc.).
Il socio esercita i propri diritti principalmente in assemblea:
- approva il bilancio;
- nomina/revoca gli amministratori;
- delibera su operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, aumenti/riduzioni di capitale, trasformazioni, scioglimento), nei casi e con le maggioranze previste dallo statuto.
Tutela del socio: lo statuto può attribuire diritti particolari a singoli soci (es. nomina di un amministratore, veto su specifiche operazioni, privilegi sugli utili). Inoltre, sono previste azioni di responsabilità contro gli amministratori che abbiano arrecato danno alla società.
Come (e quanto) “guadagna” un socio
Il socio si remunera in via principale tramite i dividendi, cioè con la distribuzione degli utili deliberata dall’assemblea dopo l’approvazione del bilancio e nel rispetto delle riserve di legge e dei vincoli statutari.
In alternativa o in aggiunta, il socio può ricevere:
- interessi su finanziamenti soci (se previsti e a condizioni di mercato);
- compensi come lavoratore dipendente (solo se sussistono i requisiti del rapporto di lavoro subordinato) o come amministratore (se nominato);
- corrispettivi da contratti con la società (es. licenze di marchio, affitti, consulenze), ma sempre a condizioni in linea con il mercato per evitare contestazioni fiscali.
Fisco in sintesi (linee generali):
- Dividendi a persone fisiche: in via ordinaria soggetti a imposta sostitutiva/ritenuta del 26%.
- Dividendi a società di capitali: regime di parziale esenzione (in via ordinaria il 95% esente; il 5% concorre a IRES), salvo eccezioni.
- Dividendi a imprenditori individuali/società di persone: concorrono al reddito con percentuali di imponibilità definite dalla normativa applicabile.
Nota operativa: la holding come socio (es. holding di famiglia) può offrire margini di pianificazione (dividendi esenti al 95%, PEX sulle plusvalenze, governance centralizzata). Valutala bene con un consulente.
L’amministratore di una SRL
Chi è e quali requisiti deve avere
L’amministratore è chi gestisce la società e la rappresenta verso terzi. Può essere:
- Amministratore unico,
- parte di un Consiglio di amministrazione,
- amministratore-socio (socio che ricopre la carica),
- amministratore non socio (professionista esterno).
Non esistono titoli professionali obbligatori in generale; lo statuto/assemblea definiscono modalità di nomina, durata dell’incarico, compenso, poteri e limiti. Il requisito essenziale è l’affidabilità: l’amministratore maneggia scelte che impattano su patrimonio, flussi finanziari, continuità aziendale.
Responsabilità e poteri
L’amministratore amministra e rappresenta la società con i poteri conferiti dallo statuto o dalla delibera di nomina. Opera nella gestione ordinaria (contratti, personale, fornitori, pricing, incassi/pagamenti) e, in base allo statuto, può gestire anche la straordinaria (acquisti immobiliari, operazioni su capitale, finanziamenti).
È tenuto a:
- diligenza e correttezza nella gestione;
- predisporre bilanci attendibili;
- rispettare obblighi fiscali (versamenti, dichiarazioni), contributivi e societari;
- presidiare la crisi d’impresa (adeguati assetti organizzativi, strumenti di allerta, continuità) per evitare responsabilità.
Responsabilità personali: l’amministratore risponde verso la società (azione sociale), verso i soci e verso i creditori sociali in caso di gestione dannosa o violazioni di legge/statuto. Può rispondere anche penalmente (es. reati tributari o societari).
Pignorabilità dei compensi: i compensi dell’amministratore non sono assimilati al salario da lavoro dipendente e, in sede esecutiva, possono essere aggrediti senza il limite “un quinto” previsto per gli stipendi dei dipendenti. È un profilo spesso sottovalutato, da considerare nella pianificazione personale.
Come viene remunerato l’amministratore
La remunerazione principale è il compenso dell’amministratore deliberato dai soci (o previsto da statuto). Può essere:
- fisso, variabile (bonus, MBO), o misto;
- erogato in busta paga (con ritenute e contributi) o tramite fattura se ricorrono i presupposti (in genere per attività di lavoro autonomo, evitando interposizioni fittizie).
Inquadramento previdenziale: di norma il compenso è assoggettato a Gestione Separata INPS; in presenza di compresenza di ruoli (es. amministratore e socio lavoratore artigiano/commerciante) si valutano i rischi di doppia contribuzione e come evitarli.
Operazioni di pianificazione fiscale: l’amministratore può essere remunerato in diversi altri modi, più vantaggiosi a livello fiscale, tra cui:
- TFM (Trattamento di Fine Mandato): accantonamento deducibile per la società (alle condizioni di legge/statuto), tassazione separata per l’amministratore alla percezione.
- Partecipazione agli utili: la società può attribuire una quota degli utili agli amministratori con una ritenuta alla fonte fissa del 26% e non prevedono oneri previdenziali.
- Rimborsi spese: copertura delle spese documentate e sostenute dall’amministratore per conto della società, come trasferte, vitto e alloggio. Queste somme non sono soggette a tassazione né a contributi previdenziali per l’amministratore e sono escluse dal reddito imponibile della società.
- Benefit e indennità: possono essere inclusi nel pacchetto retributivo, fornendo ulteriori vantaggi all’amministratore.
- Royalties (ad es. per marchi) e licenze: se esistono reali diritti e corrispettivi di mercato, possono integrare una leva di pianificazione.
Casistiche, differenze ed esempi
Socio semplice (non amministratore)
Quando ha senso: investitore “silente”, socio di minoranza, family & friends, holding di famiglia che presidia gli utili senza occuparsi del day-by-day.
Pro: responsabilità limitata al conferito (salvo garanzie personali), concentrazione sulla creazione di valore a medio-lungo termine, remunerazione per dividendi con pianificazione (anche tramite holding).
Contro: minore controllo operativo; necessità di patti parasociali/statuto robusti per tutelare governance, exit, diritti informativi.
Esempio: due fratelli, uno investe e resta socio al 40%, l’altro gestisce come amministratore. Il socio “finanziatore” tutela i propri interessi con patti su dividendi minimi, clausole di co-vendita e diritto di informazione trimestrale.
Amministratore non socio
Quando ha senso: manager esterno con competenze verticali (CFO, CEO, Direttore Generale) chiamato a scalare l’azienda o traghettarla in ristrutturazione.
Pro: professionalizzazione della gestione, separazione tra proprietà e management, flessibilità nella remunerazione (fisso + variabile).
Contro: allineamento di interessi da garantire con MBO chiari, vesting su eventuali stock/quote, reportistica rigorosa; responsabilità personali elevate se manca compliance.
Esempio: startup che entra in fase di scale-up e ingaggia un amministratore esterno con bonus legati a EBITDA/ricavi. Governance: CDA con poteri ben delimitati, reporting mensile e budget annuale approvato dai soci.
Socio e amministratore (socio-amministratore)
Quando ha senso: PMI owner-managed, imprenditore che desidera controllo pieno in fase di avvio o consolidamento.
Pro: velocità decisionale, visione allineata tra proprietà e guida. Remunerazione “a doppio canale”: compenso (deducibile per la società) + dividendi (a valle dei risultati).
Contro: rischio di conflitto di interessi se non si adottano procedure e controlli; esposizione a responsabilità gestorie; attenzione alla pignorabilità integrale dei compensi in caso di procedure esecutive.
Esempio: impresa di servizi B2B guidata dal fondatore (80%) come amministratore unico. Per mitigare il rischio personale, introduce polizza D&O, procedure di controllo interno, TFM deliberato, e definisce un piano di successione con progressivo ingresso di un CFO come co-amministratore.
SRL: come distribuire i ruoli in pratica
La configurazione “migliore” dipende da dimensioni, settore, rischio operativo, fabbisogno finanziario e obiettivi di uscita. Alcune linee guida operative:
- Separare proprietà e gestione quando l’azienda cresce: CDA con amministratore delegato e deleghe chiare; soci concentrati su strategia e controllo.
- Statuto e patti parasociali come “costituzione” della governance: regole su nomina/revoca amministratori, quorum, diritti particolari, clausole di gradimento e meccanismi di risoluzione stalli (es. Russian roulette, Texas shoot-out per 50/50).
- Pianificazione fiscale integrata: scelta dei canali di remunerazione (compenso, dividendi, fringe benefit, TFM), prevenzione doppia contribuzione, eventuale holding come socio per gestire flussi e investimenti.
- Risk management personale degli amministratori: D&O, procedure, adeguati assetti organizzativi (crisi d’impresa), corretta gestione fiscale e contributiva per ridurre profili di responsabilità.
Domande frequenti sulla differenza tra socio e amministratore srl (e risposte operative)
Un socio può essere dipendente della “sua” SRL?
Sì, ma solo se sussistono requisiti reali di subordinazione (eterodirezione, orari, mansioni) e non detiene un potere di influenza tale da escludere la dipendenza (es. socio unico o di controllo). In assenza, meglio valutare altre forme (compenso amministratore, lavoro autonomo, collaborazione).
Meglio compenso o dividendi per “pagarsi”?
Dipende. Il compenso all’amministratore è deducibile per la società (impattando l’IRES), ma è tassato e contribuito in capo alla persona. I dividendi non sono deducibili per la società: vengono tassati a valle in capo al percettore (26% per persone fisiche in via ordinaria; esenzioni per società). Spesso la combinazione dei due strumenti, grazie ad una adeguata e specifica pianificazione fiscale, è la via più efficiente.
Un amministratore risponde con il proprio patrimonio dei debiti della SRL?
Non dei debiti “in quanto tali”. Risponde personalmente se viola legge o statuto, se gestisce in modo colposo/doloso arrecando danni, o se commette illeciti (anche fiscali). Perciò serve governance solida, regole contabili trasparenti, adempimenti puntuali e coperture assicurative adeguate.
Il compenso dell’amministratore è pignorabile come lo stipendio di un dipendente (limite 1/5)?
No. Il compenso dell’amministratore non è equiparato allo stipendio da lavoro dipendente: può essere pignorato integralmente nell’esecuzione forzata. È un motivo in più per strutturare protezioni personali e valutare scelte retributive consapevoli. Ne parliamo nel dettaglio in questo articolo.
Esempi di configurazioni vincenti
1) Startup tech in crescita
- Soci: tre co-founder (70% complessivo) + investitore al 30% tramite holding.
- Gestione: CDA con CEO amministratore delegato e deleghe limitate; CFO esterno con poteri di firma congiunta su contratti sopra un certo importo.
- Remunerazioni: CEO con compenso + MBO; dividendi solo dopo break-even (solo dopo che l’azienda è in grado di generare profitti netti positivi).
- Perché funziona: chiarezza ruoli, scalabilità, controllo finanziario, investitore tutelato da patti.
2) PMI familiare da professionalizzare
- Soci: famiglia al 100% tramite holding di famiglia.
- Gestione: amministratore esterno con mandato triennale e obiettivi.
- Remunerazioni: bonus legati a EBITDA e cash conversion (capacità e velocità nel far ritornare il capitale investito e generare liquidità per l’azienda); dividendi alla holding (per approfondimenti vedi questo articolo) per re-investimenti e protezione patrimoniale.
- Perché funziona: separazione proprietà/management, fiscalità efficiente via holding, governance non personalistica.
3) Studio professionale che evolve in SRL
- Soci: tre professionisti 1/3 ciascuno.
- Gestione: amministratore unico (a rotazione biennale) con deleghe codificate; comitato tecnico per nuove linee di business.
- Remunerazioni: compenso per amministratore; rimborsi e fringe benefit nei limiti; dividendi secondo risultati.
- Perché funziona: governance condivisa, prevenzione stalli, pianificazione trasparente.
Conclusioni
La differenza tra socio e amministratore SRL non è solo formale: impatta chi decide cosa, chi si assume quali rischi e come ci si remunera. Il socio investe, decide “dall’alto” e si paga con gli utili; l’amministratore guida l’operatività, firma contratti, risponde della gestione e si paga con compensi (più strumenti accessori). Le combinazioni sono molte e nessuna è universalmente migliore: contano governance, obiettivi e pianificazione fiscale-patrimoniale.
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