Tassazione compenso amministratore SRL: tutto quello che devi sapere

Nel governo di una SRL, la struttura con cui si remunera l’amministratore incide su tre piani: netto in busta, costo aziendale e livello di rischio in caso di verifiche. Capire a fondo come funziona la tassazione del compenso amministratore, quali sono gli adempimenti e quali strumenti possono affiancare o sostituire il compenso è il punto di partenza per una pianificazione efficace e conforme. 

Questa guida mette in fila regole, passaggi di calcolo, prassi documentali e opzioni alternative. L’obiettivo è darti una mappa chiara: dal lordo al netto, dal costo deducibile per la società alle leve per alleggerire il carico, senza uscire dal perimetro normativo.

 

Che cos’è il compenso dell’amministratore

Il compenso è la remunerazione riconosciuta all’organo amministrativo per l’attività di gestione e rappresentanza. Non è obbligatorio per legge: può essere previsto dallo statuto o deliberato dall’assemblea. In fase di avvio alcune società scelgono un compenso contenuto o nullo, preferendo altre forme di remunerazione; a regime conviene definire uno schema chiaro e motivato.

Fiscalmente il compenso rientra nei redditi assimilati al lavoro dipendente. La società agisce da sostituto d’imposta: calcola ritenute, contributi e addizionali, versa il netto e registra correttamente i costi in contabilità.

Abbiamo affrontato ogni dettaglio del compenso amministratore in questo articolo precedente.

 

Come funzione la tassazione del compenso amministratore: dal lordo al netto passo per passo

1) IRPEF a scaglioni e addizionali

Il compenso confluisce nel reddito complessivo dell’amministratore ed è soggetto alle aliquote IRPEF progressive (oltre ad addizionale regionale e comunale determinate dal luogo di residenza). Questo significa che quanto più alto è il reddito, tanto maggiore sarà l’aliquota marginale applicata a quell’ultima “fetta” di reddito. In busta paga la società trattiene mensilmente ritenute a titolo di IRPEF e addizionali (conguagliando a fine anno).

Da ricordare: gli acconti IRPEF dell’anno successivo si calcolano sul dovuto dell’anno in corso, quindi forti variazioni del compenso possono generare conguagli importanti.

2) Contributi previdenziali (Gestione Separata INPS)

Nella generalità dei casi l’amministratore non dipendente è assicurato alla Gestione Separata INPS. Il contributo si determina applicando l’aliquota vigente alla base imponibile previdenziale (di norma coincidente con il compenso, salvo franchigie o massimali). Il riparto standard è 2/3 a carico della società e 1/3 a carico dell’amministratore: la quota “lavoratore” viene trattenuta in busta, quella “azienda” si aggiunge al costo per la SRL.

Attenzione alla doppia contribuzione: se l’amministratore svolge anche attività operative tipiche (es. commercio, artigianato) potrebbe sorgere l’obbligo di iscrizione a gestioni INPS diverse. È fondamentale verificare caso per caso per evitare sovrapposizioni.

3) Altre ritenute e conguagli

In base all’inquadramento e ai benefit riconosciuti (auto, polizze, alloggio, ecc.) il datore di lavoro può dover valorizzare fringe benefit imponibili. Alcuni oneri (es. trattenute per TFM accantonato tramite polizza) possono incidere sul netto erogato.

 

Deducibilità per la società: cosa si può portare a costo

Dal punto di vista della SRL, il compenso amministratore:

  • è costo deducibile ai fini IRES, se deliberato e congruo rispetto al ruolo, all’oggetto sociale e alle dimensioni dell’impresa (principio di inerenza e coerenza economica);
  • comporta contributi INPS a carico azienda, anch’essi deducibili ai fini IRES;
  • ai fini IRAP, la regola generale (metodo “da bilancio” per società industriali/commerciali) non consente la deduzione del costo per amministratori nella base imponibile: è un punto spesso sottovalutato quando si stima il tax rate effettivo.

Questa architettura fa sì che, a parità di lordo, il costo totale aziendale sia superiore al lordo stesso (per via dei contributi a carico impresa), ma riduca l’IRES grazie alla deducibilità. Tenere insieme i due lati (costo azienda/netto amministratore) è il cuore della pianificazione.

 

Esempio completo: numeri e logica

Immaginiamo un compenso annuo lordo di € 60.000 a un amministratore senza altri redditi, con iscrizione alla Gestione Separata e residenza in un Comune con addizionali nella media.

  1. Contributi INPS (quota amministratore)
    Ipotizziamo, a titolo esemplificativo, un’aliquota Gestione Separata nell’ordine del 26%. La quota a carico dell’amministratore (1/3) vale ~8,67% del lordo.
    Trattenuta previdenziale€ 5.200

  2. Base IRPEF
    € 60.000 – € 5.200 = € 54.800

  3. IRPEF + addizionali
    Applicando aliquote progressive e addizionali medie, poniamo un’imposta complessiva intorno a € 17.500–18.500 (stima).

  4. Netto in busta
    € 60.000 – 5.200 – 18.000 (≈) = ~€ 36.800

  5. Contributi INPS (quota azienda)
    La quota a carico della SRL (2/3) vale ~17,33%.
    Oneri azienda€ 10.400

  6. Costo totale per la società
    € 60.000 + € 10.400 = € 70.400

  7. Vantaggio IRES
    Se l’aliquota IRES è 24%, la deducibilità del costo (compenso + contributi azienda) genera un risparmio ~€ 16.900 (24% di € 70.400).
    → Effetto: l’esborso “netto fiscale” per la SRL è € 70.400 – 16.900 ≈ € 53.500

Questo esempio – volutamente “tondo” – mostra tre cose:

  • il netto dell’amministratore si attesta attorno ai ~€ 36–37k;
  • il costo effettivo della scelta per la società, al netto dell’IRES risparmiata, scende rispetto al costo “lordo+contributi”;
  • cambiare lordo, aliquote locali o benefit può spostare molto sia il netto che l’efficienza fiscale complessiva.

Nota: le aliquote previdenziali possono variare per anno e posizione assicurativa; le addizionali dipendono dal Comune/Regione; detrazioni/deduzioni personali modificano il quadro. L’esempio ha finalità illustrative.

 

Oltre il compenso: leve di pianificazione che funzionano

Trattamento di Fine Mandato (TFM)

Il TFM consente di accantonare una somma a favore dell’amministratore e liquidarla al termine del mandato. Il costo è deducibile per la società a certe condizioni.

Invece di aumentare lo stipendio fisso dell’amministratore (che sconta IRPEF progressiva e spesso contributi), gli si può riconoscere una voce alternativa – il TFM, trattamento di fine mandato – che, se impostato correttamente, viene tassato con tassazione separata al momento dell’erogazione (di norma con aliquota media più bassa) e senza contributi previdenziali. Risultato: netto più alto all’amministratore a parità di costo aziendale, o costo minore a parità di netto.

L’azienda può accantonare il TFM e, per garantirsi la liquidità futura, stipulare una polizza dedicata (il cosiddetto “TFM assicurato”). La polizza crea un cassetto di liquidità per pagare il TFM quando scade e trasferisce il rischio (es. premorienza/invalidità dell’amministratore) alla compagnia, mantenendo separati e protetti gli accantonamenti rispetto alla cassa operativa.

Nota chiave: perché funzioni, il TFM dev’essere deliberato prima dell’inizio del mandato (o del suo rinnovo) e messo per iscritto in modo puntuale. Se lo decidi “ex post”, rischi la tassazione ordinaria e perdi il vantaggio.

Rimborsi spese e trasferte

Rimborsi analitici inerenti (vitto, alloggio, trasferte) e indennità correttamente documentate non generano reddito per l’amministratore e sono costi deducibili per la società. I rimborsi chilometrici su tabelle ACI e le indennità extra-comune, se coerenti con l’operatività, sono leve efficaci e pulite.

Fringe benefit e welfare

Pacchetti di welfare (sanità integrativa, polizze infortuni, servizi alla persona) e auto in uso promiscuo – nei limiti e con i criteri di calcolo previsti – aumentano il valore percepito senza alzare proporzionalmente il lordo. La tassazione agevolata dei benefit rende più efficiente la retribuzione complessiva.

Royalties su marchi e know-how

Se l’amministratore detiene personalmente diritti di proprietà intellettuale (marchio registrato, software, know-how) può licenziarli alla società contro royalties. La SRL deduce il canone; il percipiente tassa i proventi secondo l’aliquota dovuta in base alla complessiva dichiarazione dei redditi. È una leva potente ma altamente tecnica: servono titoli reali, una valutazione del valore del marchio stesso e contrattualistica solida. In questo caso infatti si consiglia una consulenza e uno studio preventivo della situazione fiscale per evitare contestazioni di elusione/abuso del diritto.

Se il marchio è registrato direttamente dalla società, questa opzione non si applica.

Errori tipici da evitare

Delibere generiche o assenti, importi sproporzionati rispetto a ruolo e dimensioni, gestione superficiale di acconti IRPEF e addizionali, benefit senza regole di calcolo e trasferte non documentate espongono a contestazioni e perdite di deducibilità. Anche la doppia contribuzione è un rischio concreto se non si presidiano correttamente le iscrizioni previdenziali.

Domande frequenti sulla tassazione del compenso amministratore

Il compenso è obbligatorio?
No. È una scelta dei soci. È possibile usare strumenti alternativi o complementari, purché coerenti con la realtà aziendale.

Chi paga i contributi?
Nella Gestione Separata 1/3 è a carico dell’amministratore (trattenuto), 2/3 a carico della società (costo deducibile). Verifica sempre aliquote e massimali aggiornati.

Meglio aumentare il fisso o usare TFM/benefit?
Dipende da obiettivi, orizzonte temporale, aliquota marginale e fabbisogno di cassa. Spesso il mix porta più vantaggi del solo incremento del lordo.

 

Conclusioni

Il compenso dell’amministratore è una leva strategica che va progettata con attenzione. Una politica retributiva integrata, documentata e congrua rispetto al ruolo, permette di migliorare il netto del percipiente e, allo stesso tempo, di ottimizzare il costo fiscale per la società. Il passo successivo è costruire simulazioni su misura e definire il mix più efficiente tra fisso, variabile, TFM, rimborsi e fringe benefit.

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