La società semplice viene spesso scelta per la gestione di patrimoni, immobili e partecipazioni, proprio perché è una struttura “snella” e, soprattutto, perché segue un regime fiscale particolare: non paga imposte dirette “come società”, ma imputa i redditi ai soci per trasparenza, che li tassano in base alla propria natura e alla propria quota. In teoria è semplice; nella pratica, però, capire quale reddito si forma, quale parte è davvero imponibile e come cambia la tassazione a seconda del tipo di socio (persona fisica, società di persone, società di capitali, ente) è ciò che fa la differenza tra una scelta consapevole e una scelta “a sensazione”.
L’obiettivo di questa guida è proprio questo: darti una mappa chiara e operativa della tassazione della società semplice, con esempi che ti permettano di stimare in anticipo l’impatto fiscale nei casi più frequenti.
Come si determina il reddito imponibile della società semplice
Il primo punto chiave è capire che la società semplice non produce reddito d’impresa (è un limite strutturale: non può svolgere attività commerciale in senso proprio) e, proprio per questo, il suo reddito si determina in modo diverso rispetto a SNC o SAS.
In pratica, la società semplice calcola un “reddito complessivo” come somma delle singole categorie di reddito previste dal TUIR (art. 6): redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro autonomo (se compatibili con l’attività svolta) e redditi diversi. La logica è: ogni flusso viene qualificato in base alla sua fonte e tassato secondo le regole di quella categoria, poi confluisce nel risultato complessivo.
Un esempio semplice chiarisce subito il meccanismo: una società semplice possiede immobili e li loca. I canoni generano reddito fondiario; se poi la liquidità viene investita in strumenti finanziari, nasceranno anche redditi di capitale. Le due componenti convivono, ma non “si trasformano” in reddito d’impresa: restano ciascuna nella propria categoria, con regole e trattamenti diversi.
In concreto, una società semplice può generare:
- redditi fondiari, se possiede immobili;
- redditi di capitale, se detiene partecipazioni o investimenti finanziari;
- redditi diversi, in presenza di determinate operazioni (ad esempio alcune plusvalenze).
C’è poi un dettaglio che molti trascurano e che incide tantissimo sulla stima delle imposte: non tutto ciò che “incassa” la società semplice entra nel reddito imponibile. In particolare, i redditi esenti e quelli assoggettati a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d’imposta non concorrono al reddito complessivo imponibile e, di conseguenza, non vengono imputati per trasparenza ai soci; quando poi vengono distribuiti, non generano ulteriore imposizione.
La tassazione per trasparenza: cosa significa davvero e quando si paga
La regola base è l’imputazione “per trasparenza” ex art. 5 TUIR: il reddito (quando imponibile) viene attribuito ai soci in proporzione alla loro quota di partecipazione agli utili, e viene tassato in capo ai soci, indipendentemente dal fatto che abbiano materialmente ricevuto denaro. È un punto fondamentale: puoi pagare imposte anche se la società non distribuisce nulla.
Da qui nasce un secondo principio, altrettanto importante per non pagare due volte: le successive distribuzioni di utili già imputati per trasparenza non sono di norma imponibili, perché il “momento fiscale” è già avvenuto quando il reddito è stato attribuito al socio. Conseguenza: Poiché l’utile non entra nel reddito da tassare “per trasparenza” (essendo già stato tassato alla fonte), la sua successiva distribuzione segue comunque la regola della neutralità fiscale per il socio, ma senza dover gestire l’aumento/diminuzione del costo della partecipazione tipico dei redditi ordinari.
Un caso particolare da conoscere: cessione di immobili detenuti da oltre cinque anni
Qui entra in gioco un passaggio molto utile per capire come ragiona l’imposizione nella società semplice. L’Agenzia delle Entrate, con riferimento a una cessione di immobile detenuto da oltre cinque anni, ha chiarito che se non sussiste presupposto impositivo in capo alla società semplice, non si verifica alcuna imputazione per trasparenza in capo ai soci; e la distribuzione delle somme derivanti da quella cessione non genera tassazione, perché deriva da redditi non imponibili in capo alla società semplice.
Tradotto: prima di chiederti “come tassano i soci”, devi sempre chiederti “quel reddito è imponibile o no?” nella logica della società semplice.
Come cambia la tassazione in capo ai soci: persona fisica o società
Qui arriviamo al punto operativo che ti interessa di più: a parità di reddito prodotto, la tassazione finale dipende molto dalla natura del socio. Per rendere tutto concreto, partiamo dal caso che crea più dubbi: i dividendi percepiti dalla società semplice (ad esempio dividendi pagati da una SRL “partecipata”). Su questo tema ci sono regole specifiche entrate a regime dopo le modifiche normative richiamate dalle fonti.
Socio persona fisica (in sfera privata)
Se il socio è una persona fisica “privata”, la tassazione dei dividendi avviene, in modo tipico, tramite ritenuta a titolo d’imposta del 26% applicata al pagamento, con effetto definitivo (cioè senza ulteriori imposte sul medesimo dividendo).
Esempio pratico
Una SRL delibera alla SS un dividendo di 1.000 €. Viene applicata una ritenuta alla fonte del 26% (= 260 €). Il dividendo “netto” di 740 € è ciò che, di fatto, arriva al socio attraverso la catena, senza ulteriori imposte sullo stesso flusso.
Socio società di persone (SNC/SAS)
Se il socio della società semplice è una società di persone, la quota imponibile del dividendo segue un criterio percentuale: il 58,14% del dividendo concorre alla tassazione in capo alla società di persone socia.
Esempio pratico
Dividendo 1.000 € → imponibile 581,4 € in capo alla società di persone socia (che poi lo imputerà ai propri soci secondo le sue regole).
Socio società di capitali (SRL/SPA)
Se il socio è una società di capitali, si applica la logica della parziale esclusione: solo il 5% del dividendo concorre alla base imponibile IRES, mentre il 95% resta escluso.
Esempio pratico
Dividendo 1.000 € → imponibile IRES 50 € in capo alla SRL socia.
Socio ente non commerciale
Nel caso di ente non commerciale (ad esempio, nelle ipotesi trattate dalle fonti), il dividendo può risultare integralmente imponibile al 100% secondo le istruzioni dichiarative richiamate. Sarà poi l’Ente Non Commerciale che provvede a tassare quel reddito nella propria dichiarazione dei redditi (Modello Redditi Enti Non Commerciali). Il dividendo confluisce nel “reddito complessivo” dell’ente e viene tassato con l’aliquota IRES (attualmente al 24%), come reddito di capitale.
Quando la società semplice è la forma societaria migliore
La società semplice esprime il suo massimo potenziale in contesti patrimoniali, non operativi. È una struttura particolarmente indicata quando l’obiettivo principale non è svolgere attività d’impresa, ma gestire, organizzare e pianificare beni nel medio-lungo periodo.
In particolare, la società semplice risulta spesso la scelta più adatta nei seguenti casi:
- Gestione di patrimoni immobiliari, soprattutto destinati alla locazione o alla conservazione nel tempo, quando non vi è attività commerciale in senso proprio.
- Detenzione di partecipazioni finanziarie o societarie, in assenza di un’attività abituale di trading, come strumento di accentramento e razionalizzazione degli investimenti.
- Pianificazione familiare e successoria, per mantenere unitario il patrimonio, disciplinare i rapporti tra soci e ridurre il rischio di conflitti futuri.
- Separazione tra patrimonio e operatività, affiancando la società semplice a strutture operative (ad esempio società commerciali), senza sovrapporre ruoli e rischi.
- Situazioni stabili e orientate al lungo periodo, con soci definiti e obiettivi patrimoniali chiari.
In sintesi, la società semplice è spesso la forma migliore quando:
- non si svolge attività commerciale;
- il patrimonio è prevalentemente immobiliare o finanziario;
- la priorità è la pianificazione e non l’operatività quotidiana;
- si desidera conoscere in anticipo l’impatto fiscale.
La sua efficacia dipende sempre dalla coerenza tra struttura, patrimonio e obiettivi: è uno strumento semplice solo in apparenza, che funziona davvero quando è inserito in una strategia ben progettata.
Esempi pratici per stimare la tassazione in anticipo
Per capire davvero come funziona la tassazione della società semplice, è utile ragionare per scenari complessivi.
Scenario 1: gestione immobiliare e distribuzione di liquidità
Una società semplice possiede immobili dati in locazione. I canoni producono redditi fondiari che vengono imputati ai soci per trasparenza e tassati in capo a loro, anche se la società decide di non distribuire nulla nell’anno. Quando, in un secondo momento, la liquidità accumulata viene distribuita, non si genera una nuova tassazione: l’imposizione è già avvenuta al momento dell’attribuzione del reddito.
Scenario 2: vendita di un immobile “storico”
La società semplice vende un immobile detenuto da molti anni, senza che si realizzi una plusvalenza imponibile. In questo caso non nasce alcun reddito imponibile e nulla viene imputato ai soci. Se il ricavato viene successivamente distribuito, i soci ricevono le somme senza subire tassazione, perché non si tratta di reddito fiscalmente rilevante.
Scenario 3: società semplice con soci eterogenei
Una società semplice ha due soci: una persona fisica e una SRL. A fronte di un reddito imponibile, la quota attribuita alla persona fisica confluisce nel suo reddito IRPEF, mentre quella attribuita alla SRL segue il regime IRES con esclusione parziale. Lo stesso reddito “di partenza” produce quindi effetti fiscali molto diversi a seconda del socio.
Conclusioni
La tassazione della società semplice si capisce davvero solo quando si accettano tre idee chiave. Primo: la società semplice non è un soggetto che paga imposte dirette come una SRL, ma calcola un reddito “per categorie” e lo imputa ai soci per trasparenza. Secondo: il socio può essere tassato anche senza incasso, perché conta l’attribuzione del reddito, non la distribuzione. Terzo: la tassazione finale dipende in modo decisivo da chi è il socio (persona fisica, società di persone, società di capitali, ente) e dalla natura del reddito (fondiario, capitale, diverso, esente, sostitutivo).
Se l’obiettivo è “sapere in anticipo” l’imposta, la strada più solida è costruire una simulazione partendo dai redditi attesi e dalla composizione dei soci, distinguendo fin da subito ciò che entra davvero nel reddito imponibile da ciò che è già tassato altrove o escluso. È esattamente in questa fase che un approccio consulenziale fa la differenza: non per complicare, ma per rendere prevedibile ciò che spesso viene deciso “a posteriori”, quando è tardi per correggere l’impostazione.
FAQ – Domande frequenti sulla tassazione della società semplice
La società semplice paga IRES o IRAP?
No: non è soggetto passivo “come una società di capitali”. Determina un reddito complessivo per categorie e lo imputa ai soci per trasparenza, che lo tassano secondo le regole applicabili.
Cosa significa tassazione per trasparenza?
Significa che il reddito imponibile viene attribuito ai soci in proporzione alle quote e tassato in capo a loro, anche se la società non distribuisce materialmente denaro.
Se la società semplice distribuisce utili, pago tasse due volte?
Di norma no: ciò che è già stato imputato e tassato per trasparenza non viene tassato di nuovo al momento della distribuzione. La distribuzione può avere effetti indiretti (ad esempio sul costo fiscale della partecipazione).
Come si tassano i dividendi se il socio è una persona fisica?
Nel caso tipico richiamato dalle fonti, tramite ritenuta a titolo d’imposta del 26%, con effetto definitivo sul dividendo.
E se il socio è una SRL?
Per le società di capitali, le fonti richiamano la regola per cui solo il 5% del dividendo concorre alla base imponibile IRES, mentre il 95% è escluso.
La vendita di un immobile detenuto da oltre cinque anni genera tassazione per i soci?
Nel caso trattato dalle fonti, se non c’è presupposto impositivo in capo alla società semplice (perché il possesso è ultra-quinquennale), non c’è imputazione per trasparenza e la successiva distribuzione delle somme non genera tassazione in capo ai soci.

